È composta da residui di olio, polpe, bucce e frammenti di nocciolino e solitamente viene considerata uno scarto di lavorazione, da riutilizzare eventualmente dopo un dispendioso trattamento di estrazione e raffinazione. La sansa, invece, potrebbe trovare un nuovo utilizzo in ambito alimentare, cosmetico e farmaceutico. Questo sottoprodotto della lavorazione delle olive è, infatti, una fonte preziosa di diverse molecole particolarmente interessanti: steroli, terpeni, squalene e tocoferoli. Nomi quasi impronunciabili per i non avvezzi alla chimica ma dalle grandi proprietà salutistiche.
Per questo la ricerca è sempre più orientata verso lo studio di metodi alternativi per la valorizzazione della sansa rispetto al classico riutilizzo industriale, che prevede di recuperare una quantità variabile di olio attraverso un costoso processo di estrazione e raffinazione, ottenendo un prodotto finito dalle caratteristiche salutistiche e nutrizionali poco interessanti.
È quanto sta facendo il progetto S.O.S. grazie al gruppo di ricerca di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università degli Studi di Bari, in collaborazione con altre università aderenti al progetto. Obiettivo è di mettere a punto un metodo di estrazione green delle molecole salutistiche contenute nella sansa. In particolare, il gruppo sta sperimentando l’utilizzo della cosiddetta “CO2 supercritica” per ottenere estratti utilizzabili sia negli alimenti, sia in campo alimentare e farmaceutico. Accanto a questo sistema di estrazione, è stato messo a punto un metodo che prevede l’utilizzo di soluzioni di acqua e alcool e di ultrasuoni per recuperare anche i composti fenolici dalla sansa, studiandone la composizione chimica mediante spettrometria di massa. Obiettivo è di trovare anche per questi polifenoli una serie di possibili applicazioni per l’arricchimento di alimenti e in ambito biomedico.