La sostenibilità dell’allevamento ittico, in termini di rapporto di massa tra quantità di pescato consumato/quantità di pesce prodotto dall’acquacoltura (Fish-In/Fish-Out o FiFo), rappresenta un aspetto cruciale per l’acquacoltura moderna.
A questo proposito, l’IFFO (Marine Ingredients Organization), un’organizzazione internazionale che rappresenta e promuove l’industria dei prodotti marini, come la farina e l’olio di pesce e prodotti associati, è ben nota nel mondo dell’acquacoltura per la pubblicazione di informazioni circa la sostenibilità dell’allevamento ittico, proprio in termini di rapporto FiFo.
Mentre fino al 2000 il rapporto FiFo per i salmonidi era 2,57 e 1,48 per le specie marine, ossia occorrevano 2,57 kg di prodotti oceanici (scarti della pesca, farine ed oli di pesce) per produrre un kg di salmonidi (Salmone atlantico, Trota iridea) ed 1,48 kg di pesce per produrre un kg di spigola o di orata, nel 2015 questi valori sono drasticamente scesi a 0,82 per i salmonidi e 0,53 per le specie marine. Su questo argomento, in passato proprio i salmonidi hanno generato ampie critiche per l’elevato consumo di farina di pesce (FM) e di olio di pesce (FO). Nel 2015 invece, il settore ha prodotto più proteine di pesce di quante ne siano state effettivamente consumate.
In sintesi, per ogni kg di pesci selvatici consumati dall’acquacoltura come mangime, nel 2015 sono stati prodotti 4,55 kg di pesci d’allevamento. Dal momento che il volume di prodotti alimentari acquatici è continuamente aumentato, ci si può aspettare che nel 2017 la cifra sia ancora più alta. Il Direttore Tecnico di IFFO, il dottor Neil Auchterlonie, autore di queste valutazioni, ha osservato che: “l’industria della farina di pesce supporta la produzione di un volume significativamente maggiore di proteine per l’umanità, di quanto non sarebbe fornito semplicemente attraverso il consumo diretto del pesce utilizzato come materia prima nel processo produttivo. Questo rappresenta un contributo significativo alla sicurezza alimentare globale “.
Il procedimento seguito da IFFO per calcolare i rapporti FiFo si basa sull’uso dei dati di produzione forniti dalla FAO per la produzione di acquacoltura. Quindi si assumono rendimenti di estrazione dal pesce selvatico, rispettivamente per FM e per FO pari a 22,5% e 4,8% ed un fattore di conversione (FCR) nell’allevamento pari a 1,2 per i salmonidi. Si stima inoltre un impiego del sottoprodotto della pesca per la produzione di farina di pesce e di olio di pesce (attualmente al 33%). Per i singoli gruppi di specie, le quantità totali di farina di pesce e di olio di pesce sono calcolate sulla base dei volumi richiesti dall’industria, a loro volta basati sulle stime di FCR. Queste cifre vengono poi estrapolate a equivalenti di pesce intero per ogni materia prima, tenendo conto del rendimento di estrazione.
Si tiene poi conto, per ciascun gruppo di specie, delle specifiche richieste di materie prime, per esempio i salmonidi utilizzano più olio di pesce, i gamberi utilizzano più farina di pesce.
L’abbattimento dei valori di FiFo, ovviamente non era inatteso, in quanto i tassi di inclusione di FM e FO sono in declino da quasi 10 anni, sostituiti da altre materie prime alternative, ma questo rappresenta al momento uno degli aspetti di punta della ricerca scientifica, cui il progetto AGER contribuisce in modo determinante. Esiste un’eccezione all’andamento delle figure del 2015 e riguarda i crostacei i cui valori di FiFo sono simili alle cifre registrate per il 2010, entrambi leggermente superiori a quelli registrati per il 2000. Ciò può essere facilmente spiegato dal grande impatto causato da eventi patologici che hanno inflitto ingenti perdite nell’allevamento di crostacei, in tutto il mondo.
Nel complesso si tratta di un messaggio molto positivo sul contributo che gli ingredienti marini offrono alla produzione globale di proteine, ma nel contempo un’indicazione piuttosto chiara per la programmazione degli investimenti futuri nel settore agroalimentare.
Fonte: Marco Saroglia, Genciana Terova. Dipertimento di Biotecnologie e Scienze della Vita dell’Università degli Studi dell’Insubria