È possibile valorizzare e convertire i sottoprodotti oleari in fonti energetiche “verdi” e “sostenibili”? Ci sta lavorando l’unità operativa del Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, impegnata nell’ambito del Progetto S.O.S proprio nelle attività inerenti la co-digestione anaerobica degli stessi.
Si tratta di un processo promettente atto a convertire la materia organica proveniente da una vasta e diversificata gamma di biomassa in biogas, costituito principalmente da una miscela di metano e di anidride carbonica, generando dalla matrice “originaria” un digestato stabile più adatto allo spandimento sui terreni come ammendante o fertilizzante. Processo questo che avviene in condizioni di anaerobiosi, ovvero in assenza di ossigeno ad opera di un insieme di microorganismi in grado di convertire, con un’azione congiunta, macromolecole complesse in altre a peso molecolare più basso, come metano, anidride carbonica, acqua ed ammoniaca. Nello specifico, i polisaccaridi ed i polifenoli sono trasformati nei loro rispettivi monomeri (monosaccaridi e fenoli) grazie all’azione dei batteri anaerobici; successivamente, questi ultimi vengono convertiti in acidi organici come gli acidi acetico, lattico, formico ed alcoli con l’azione dei batteri acetogenici. Infine, i batteri metanigeni, fortemente caratterizzati per la loro sensibilità alle variazioni del pH, convertono gli acidi organici in biogas. Biogas, la cui funzione attuale è quella di alimentare appositi cogenaratori, in grado di generare energia elettrica e termica.
L’industria olearia riveste un importante ruolo per l’intero bacino mediterraneo, dove si concentra il 97% della produzione mondiale di olio di oliva. Un’industria questa, che durante il ciclo produttivo, genera anche sottoprodotti che per quantitativi, natura e caratteristiche variano in funzione delle tecnologie estrattive adottate. Nel sistema a due fasi vi è una sola tipologia di residui, ovvero la sansa ad elevato tenore di umidità, mentre il sistema a tre fasi, che prevede un maggiore impiego di acqua, genera importanti quantitativi di acque di vegetazione. Questi sottoprodotti, contengono diverse sostanze complesse che non sono facilmente degradabili per il loro contenuto in carbonio organico, la cui parte più importante è costituita dai componenti aromatici, come ad esempio i polifenoli ed i tannini. Se non adeguatamente gestita, la loro gestione può comportare anche dei rischi ambientali non trascurabili. Le acque reflue olearie, ricordiamo, sono caratterizzate da elevata domanda chimica di ossigeno (COD), domanda biochimica di ossigeno (BOD), concentrazione in solidi sospesi (SS) nonché registrano tenori variabili della frazione lipidica e fenolica che, se associate all’elevato rapporto carbonio/azoto [C/N] ed al basso pH, compromettono i processi di degradazione biologica. Ulteriore problematica è quella della stagionalità delle produzioni, che genera una produzione repentina di grandi quantitativi di questi sottoprodotti, accentuando così i problemi di natura tecnico-gestionale, economica ed ambientale.