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Dal suolo al campo

L’evoluzione del fenomeno della moria del kiwi nel Nord-Est d’Italia

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I ricercatori dell’Università di Udine, partner del progetto SOS-KIWI, analizzano cause, impatti e prospettive di contrasto alla moria del kiwi in Veneto e in Friuli Venezia Giulia

 

La moria del kiwi, o Kiwifruit Vine Decline Syndrome (KVDS) è stata segnalata per la prima volta tra il 2012 e il 2013 in provincia di Verona ed in particolare nella zona del lago di Garda su terreni irrigati a scorrimento e con forti volumi di adacquamento. Negli anni successivi, la problematica si è estesa anche ad altre aree di coltivazione del Veneto, principalmente nelle province di Verona e Treviso, interessando anche impianti irrigati a goccia o con micro sprinkler. Dal 2015, la moria è stata segnalata anche in Friuli Venezia Giulia, in alcune zone delle province di Pordenone e Udine, su terreni con caratteristiche diverse, dai suoli a forte componente limosa e falda freatica alta, a quelli ricchi in scheletro e assenza di falde superficiali.

 

Le cause di sviluppo della moria

 

Fino al 2021 e 2022 la moria del kiwi ha continuato a espandersi, rispetto alla situazione attuale che evidenzia un rallentamento delle segnalazioni di moria in nuovi areali, probabilmente dovuta ad una serie di fattori, come le maggiori conoscenze delle cause predisponenti e le conseguenti azioni di prevenzione e contenimento messe a punto dalla ricerca e attuate dagli agricoltori. Infatti, dalla comparsa della problematica, sia in Veneto che in Friuli Venezia Giulia sono state condotte sperimentazioni per studiare le cause del fenomeno e cercare soluzioni, finanziate per lo più da Enti locali (Regione Veneto, Regione Friuli Venezia Giulia) o associazioni di produttori. I risultati sinora ottenuti portano alla conclusione che si tratta di una sindrome complessa, la cui insorgenza è legata alla presenza di microorganismi patogeni favoriti nella loro virulenza da condizioni di eccesso d’acqua nei suoli e da fattori ambientali legati ai cambiamenti climatici, come forti ondate di caldo estivo e autunni e inverni miti.

 

Azioni di contrasto

 

Tra le azioni di contrasto alla moria più promettenti, evidenziate dalle attività di ricerca e sperimentazione, troviamo:

  • gestione ottimale dell’acqua nel suolo attraverso drenaggi, baulature, conservazione della macroporosità, accurata gestione dei volumi irrigui mediante sensoristica;
  • utilizzo di portinnesti resistenti per i nuovi impianti o per rimpiazzare le fallanze negli impianti che risultano colpiti a macchia di leopardo.

Il progetto SOS-KIWI e altre ricerche attualmente in corso contribuiranno a definire meglio gli aspetti eziologici ed epidemiologici della moria e nel contempo, a sviluppare strategie di gestione sostenibili mirate alle specifiche realtà produttive italiane.

In Veneto e Friuli Venezia Giulia, pur rimanendo alta la preoccupazione e l’attenzione per il fenomeno della moria, nella filiera del kiwi si riscontra un clima di ottimismo, con un seguito di agricoltori e associazioni di produttori propensi ad investire in nuovi impianti o a rinnovare/restaurare quelli esistenti. Essenziale sarà un costante contatto tra comparto produttivo, ricerca e sperimentazione per orientare tali investimenti in modo che possano costituire, anche per il futuro, un volano produttivo importante per il comparto agricolo nazionale.

Nella foto, scattata nel luglio 2024, la situazione di un reimpianto effettuato a ottobre 2023 di astoni di cv. Hayward innestata su Bounty71, in un impianto fortemente colpito da moria nella provincia di Udine. Altri portinnesti pre-commerciali sono in fase di valutazione.

 

A cura di: Marta Martini, Paolo Ermacora – Università di Udine

Foto di Paolo Ermacora, Università di Udine

 

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