Che la variabilità climatica incida sui parametri qualitativi di un olio è cosa risaputa. Ma quanto incide? Per saperlo, si sono attivati i laboratori di Tecnologie alimentari dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che nell’ambito del progetto S.O.S. hanno studiato in particolare gli oli della “Ciciarello”, una cultivar tipicamente da olio, rustica, resistente alla siccità e che non sopporta i lunghi periodi di bassa temperatura.
Determinare l’incidenza della variabilità climatica sulla qualità di un olio è molto importante, soprattutto considerando i forti cambiamenti climatici a tutti noi tristemente noti. E sapere se e di quanto le varietà sono in grado di resistere alle avversità (insetti, funghi e quanto altro) dovute alle mutate condizioni climatiche e di adattarsi al microclima, diventa un’informazione fondamentale per continuare a produrre olio.
Nelle ultime due annate (2017 e 2018) sono state raccolte in provincia di Reggio Calabria, a diversi stadi di maturazione (ottobre e novembre), le olive della cultivar Ciciarello, analizzando in laboratorio i parametri qualitativi dell’olio estratto.
Per la prima annata sono stati osservati valori di acidità e perossidi ottimali in entrambi i periodi di raccolta (0.3-0.4% e 1.5-2 mEq O2/kg). Un simile riscontro è stato osservato nell’annata successiva solo per i perossidi (2.5-5.1 mEq O2/kg), mentre per l’acidità l’olio prodotto con la raccolta di novembre ha presentato valori molto più alti (1.2% rispetto alla raccolta precedente (0.2%), soprattutto a causa delle sfavorevoli condizioni climatiche manifestatesi nel periodo.
Nelle due annate il contenuto in antiossidanti è risultato variabile, con quantitativi maggiori (più del 50%) osservati nella prima annata rispetto alla successiva. Nello specifico, per la prima annata, il contenuto in polifenoli totali è stato nel range di 620-740 mg/kg, mentre nel 2018 si sono attestati tra 300 e 370 mg/kg.
In entrambe le annate di osservazione non si sono rilevate marcate differenze tra le due epoche di raccolta di ottobre e novembre.
Il patrimonio olivicolo calabrese si conferma ricco e vasto e può vantare almeno 33 cultivar autoctone, le più diffuse delle quali sono Carolea, Tondina, Roggianella, Cassanese, Moresca, Grossa di Gerace, Ottobratica, Dolce di Rossano e Sinopolese. A queste si aggiungono tante altre varietà dette “minori”, ancora poco caratterizzate che vanno ad arricchire la biodiversità olivicola calabrese. Si tratta di varietà locali con limitata diffusione e scarsa rilevanza a livello produttivo, ma che potrebbero assumere notevole importanza in quanto la loro rusticità e plasticità conferiscono alla pianta capacità di resistenza alle avversità (particolarmente incidenti negli ultimi anni) e di adattamento al microclima relativo al sito di impianto.
E’ evidente che osservazioni di più annate possono essere utili alla definizione delle caratteristiche principali e prevalenti delle produzioni delle singole cultivar nei vari ambienti di crescita.