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Dal suolo al campo

Micro4life a supporto della filiera vitivinicola: una rivoluzione che parte dal suolo

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I cambiamenti climatici e il conseguente impatto ambientale degli ultimi anni hanno messo a dura prova la viticoltura e l’intero mercato vitivinicolo italiano e mondiale. Micro4life propone un approccio innovativo attraverso l’utilizzo di microrganismi benefici che, tramite l’interazione pianta-radici-suolo, rendono la vite più resiliente. Ce lo spiega il team di ricercatori dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR e la Dr.ssa Raffaella Balestrini, responsabile del progetto Micro4life, che da anni portano avanti studi scientifici in questo ambito.

 

Dr. GAMBINO, la sostenibilità è un concetto chiave nel contesto contemporaneo, ci spiega meglio l’importanza che assume in particolare nel settore vitivinicolo?

Parlare di sostenibilità è fondamentale in quanto il settore vitivinicolo, che ha una rilevanza economica e sociale strategica a livello globale, sta attraversando negli ultimi anni momenti di grande difficoltà. L’Organizzazione mondiale della vigna e del vino-OIV ha stimato per il 2024 la produzione mondiale di vino a circa 225 milioni di ettolitri, in diminuzione rispetto ai due anni precedenti e minimo storico dal 1961. Nello stesso periodo si è avuta una significativa riduzione delle superfici coltivate a livello globale, un trend che prosegue ormai da quattro anni. Anche il commercio mondiale del vino ha subito un’ulteriore flessione rispetto all’anno precedente.

Com’è la situazione in Italia?

L’Italia va in controtendenza con i dati globali: dai dati relativi al 2024 ci confermiamo il primo produttore di vino al mondo con un aumento del 15% rispetto al calo storico del 2023. Inoltre, siamo tra i sette principali produttori mondiali, unici ad aumentare le superfici coltivate,  mantenendo il nostro primato nelle esportazioni in volume. Tutto questo nonostante il maltempo che nell’ultimo anno ha colpito molte zone vitivinicole, soprattutto al Nord. Questo dimostra quanto il nostro Paese investa nel settore e quindi quanto sia importante che la scienza trovi nuove soluzioni per contrastare i cambiamenti climatici e preservare il raccolto, la qualità dei prodotti e ridurre quanto più possibile l’impatto ambientale.

 

Dr.ssa PAGLIARANI, quali sono i principali effetti dei cambiamenti climatici riscontrati sulle piante di vite?

L’aumento della temperatura media negli ultimi anni sta anticipando la fenologia della pianta e la maturazione delle bacche nei mesi estivi, proprio nel periodo in cui la vite è particolarmente suscettibile a stress abiotici, come la scarsità di acqua, e biotici come agenti patogeni fungini fogliari o del tronco. La viticoltura, proprio per la sua importanza economica, è il sistema agricolo che fa maggiore uso di fertilizzanti e di agrofarmaci per contrastare alcune malattie fungine particolarmente impattanti, come la peronospora e l’oidio. Nonostante l’attenzione verso l’uso di prodotti a minor impatto ambientale, l’aumento delle avversità provoca inevitabilmente danni anche molto gravi alla biodiversità del microbiota del suolo, che gioca un ruolo fondamentale sulla salute delle piante, provocando un circolo vizioso da cui poi è difficile uscire.

E qui si inseriscono i vostri studi sui microrganismi benefici nel suolo. Ci racconta quali effetti positivi possono apportare?

Batteri e funghi del suolo, non solo contribuiscono a migliorare la fertilità e la tessitura del terreno, favorendo la decomposizione della materia organica, ma hanno anche un impatto positivo sulla tolleranza delle piante alla siccità. I funghi micorrizici arbuscolari in particolare interagiscono con le radici della vite instaurando una simbiosi, migliorando la crescita e la nutrizione della pianta e la sua capacità di adattamento all’ambiente esterno e di conseguenza favoriscono l’adattamento anche ai cambiamenti climatici.

Dr. SILLO, quali sono le principali sfide della ricerca nel settore vitivinicolo in un contesto di cambiamenti climatici?

Una delle sfide principali sta nella capacità di mantenere alte le rese qualitative e produttive, riducendo al minimo input esterni e salvaguardando la sostenibilità ambientale ed economica dei vigneti. L’adozione di strategie ecocompatibili, tra cui l’utilizzo di microrganismi benefici come biostimolanti, rappresenta un approccio innovativo e sostenibile. Studi recenti suggeriscono che i portinnesti di vite, scelti in base alla loro capacità di reclutare microrganismi benefici, possano migliorare la resilienza della coltura agli stress ambientali. Tuttavia, al fine di orientare la scelta di pratiche agronomiche mirate e consapevoli, incluso l’impiego di un determinato portinnesto in funzione del contesto pedoclimatico, è necessario approfondire la natura biologica dell’interazione tra diverse combinazioni di portinnesti e funghi AM (funghi micorrizici arbuscolari che vivono in simbiosi con le radici delle piante) e i relativi effetti sulla fisiologia della pianta intera, soprattutto in funzione della cultivar d’interesse.

Da qui nasce il progetto Micro4Life. Ce lo racconta?

Il progetto Micro4Life nasce proprio per rispondere a queste sfide, indagando i potenziali effetti di microorganismi benefici sulla capacità di adattamento della vite allo stress, in particolare a quello idrico. Le attività sperimentali, iniziate a marzo del 2024, coinvolgono tre diversi istituti del CNR e riguardano una parte di analisi condotte in condizioni controllate di serra, dove viene studiata da vicino l’interazione tra funghi AM e vite, utilizzando diversi inoculi e diversi genotipi di portinnesti. I risultati del primo anno e mezzo di progetto sono promettenti

Dr.ssa BALESTRINI, lei è la responsabile scientifica del progetto Micro4life e ha sempre creduto fortemente nel buon esito delle vostre sperimentazioni. Quali possono essere gli impatti più significativi di queste soluzioni innovative sul settore vitivinicolo?

Gli impatti possono tradursi in una riduzione significativa dell’utilizzo di sostanze chimiche in campo con un abbattimento dei costi e in una gestione migliore dell’irrigazione. Tutto questo mantenendo o migliorando la qualità del prodotto, che per i produttori di piccola e media scala si traduce in un grande vantaggio competitivo. La salute del suolo è l’elemento chiave su cui investire poiché vuol dire investire indirettamente anche sulla salute della vite e dei prodotti finali. Abbiamo sfide importanti da affrontare ma grazie alle ricerche metteremo a disposizione dei produttori anche soluzioni pratiche efficaci e concrete per una viticoltura più resiliente, sostenibile e redditizia. Abbiamo già ottenuto dei buoni risultati a conferma della validità dell’approccio adottato e siamo pronti per condividere qualche dato rilevante che speriamo di poter confermare e avvalorare al termine del progetto.

 

A cura di Giorgio Gambino, Chiara Pagliarani, Fabiano Sillo, Raffaella Balestrini – CNR

 

 

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