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Olivo e olio

Olio d’oliva un antiossidante naturale

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Quotidianamente ormai sentiamo ricorrere l’attributo “antiossidante” riferito a qualità presenti o ricercate nei diversi alimenti proposti sul mercato. In particolare, per la categoria dei composti antiossidanti naturalmente contenuti in frutta e verdura, l’interesse tra i consumatori e la comunità scientifica è motivato da studi epidemiologici consolidati, che confermano l’associazione tra la frequente assunzione degli stessi e il ridotto rischio di malattie cardiovascolari e cancro.

L’olio di oliva, grazie alla sua composizione, con particolare attenzione al contenuto in composti fenolici e alla loro azione antiossidante, può essere annoverato tra gli alimenti nutraceutici, tanto più quegli extra vergini con un alto contenuto fenolico, per i quali l’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha assegnato il claim salutistico.

I polifenoli dell’olio d’oliva sono anche responsabili delle sue proprietà nutrizionali ed organolettiche, oltre che della sua stabilità ossidativa. Si contano almeno 30 composti fenolici ed un contenuto totale  variabile tra 50 a 1000 mg/kg a seconda della cultivar, del luogo di origine, delle tecniche agronomiche, della maturazione, dello stato fitosanitario delle drupe, dei metodi di estrazione dell’olio e dalle condizioni di conservazione.

I polifenoli sono divisi in diverse classi a seconda del numero di anelli fenolici che contengono ed agli elementi strutturali che legano ciascun anello con un altro. Tra quelli presenti nelle olive e nell’olio di oliva, è stato riconosciuto all’idrossitirosolo, al tirosolo, all’acido caffeico e vanillico proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

Come estrarre queste preziose molecole? E come rendere sostenibili (per l’ambiente e per l’industria) tali processi estrattivi?

L’unità di ricerca di Tecnologie alimentari dell’Università di Reggio Calabria, nell’ambito del progetto S.O.S. sta lavorando proprio su questo: l’impiego di metodiche estrattive ad hoc, con solventi ad uso alimentare, al fine di recuperare il maggior contenuto possibile di composti bioattivi di natura fenolica e di poterli sfruttare per altri fini, in primo luogo quello alimentare con la creazione di alimenti “funzionalizzati”.

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