Dai campi sperimentali del Friuli-Venezia Giulia a quelli della Calabria, toccando anche il Piemonte: è questo il lungo, ma fruttuoso, viaggio dei ricercatori di SOS-KIWI per contrastare la moria del kiwi. Incoraggianti risultati arrivano dallo studio dei microrganismi presenti nei terreni delle piante colpite.
Per contrastare efficacemente la moria del kiwi (Kiwifruit Vine Decline Syndrome o KVDS) è fondamentale colmare le nozioni mancanti che riguardano il ruolo dei fattori biotici e abiotici nell’insorgenza della sindrome. In quest’ottica, le Università di Udine, Torino e Mediterranea di Reggio Calabria hanno avviato una rete di campionamenti e allestito campi sperimentali nei principali areali di coltivazione dell’actinidia, dal nord al sud del nostro Paese. Questo articolo fa il punto sui risultati ottenuti fino ad oggi nello studio dei fattori biotici.
Dai (numerosi) sospettati, all’individuazione dei colpevoli

I ricercatori del progetto SOS-KIWI stanno conducendo una fruttuosa indagine nel sottosuolo e tra le radici delle piante di actinidia in Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Calabria. I risultati ottenuti finora hanno posto solide basi per lo sviluppo di strategie mirate ed efficaci per monitorare, prevenire e contrastare la moria del kiwi.
Per la prima volta, infatti, i ricercatori hanno dato nome e cognome ai principali microrganismi che popolano i terreni colpiti dalla sindrome, dove vivono migliaia di funghi, batteri e oomiceti (microrganismi simili ai funghi). L’indagine ha rivelato come la composizione microbica vari significativamente in base alla matrice analizzata: nei suoli e nella rizosfera (la porzione di terreno a contatto con le radici) di piante sane, sono stati frequentemente rilevati batteri del genere Bacillus, mentre all’interno delle radici delle piante sintomatiche prevalgono altri microrganismi, tra cui quelli del genere Dactylonectria e Fusarium.
Grazie a un lungo e approfondito lavoro tra campi sperimentali e laboratori, i gruppi di ricerca sono giunti a un risultato particolarmente rilevante: la scoperta che l’oomicete Phytopythium vexans è presente in modo consistente nei campioni prelevati dalle piante colpite, al punto da essere ritenuto uno dei principali agenti coinvolti nell’insorgenza della moria del kiwi. I risultati di questa ricerca sono riportati nella rivista scientifica “Plant and soil” disponibile online in Open Access e quindi liberamente consultabile da chiunque, ovunque nel mondo, e una sintesi è riportata anche in un nostro precedente articolo https://progettoager.it/ager/pubblicati-i-primi-risultati-del-progetto-sos-kiwi/.
Un nuovo sospettato
Ma Phytopythium vexans non sembra essere l’unico microrganismo a favorire l’insorgenza della moria: indagini condotte dalle Università di Udine e Mediterranea di Reggio Calabria hanno infatti individuato anche la presenza ricorrente di un altro oomicete, Phytopythium sojae-like, che potrebbe svolgere un ruolo chiave nell’indebolimento delle piante.
Questo microrganismo è stato rilevato con metodi diagnostici di biologia molecolare con una certa frequenza nelle piante sintomatiche coltivate nel Nord-Est d’Italia, suggerendo una sua possibile implicazione nelle fasi iniziali della sindrome. Per approfondire il suo ruolo e quello di altri oomiceti affini potenzialmente coinvolti, sono in corso studi specifici nei campi sperimentali di Codroipo (Udine) e nella Piana di Gioia Tauro (Reggio Calabria). In queste due aree, questi patogeni vengono analizzati con particolare attenzione, per comprenderne il loro impatto sulla moria. Gli studi sono condotti in particolare sulla varietà Hayward di Actinidia deliciosa, la più diffusa tra le varietà coltivate in Italia.
Quando il terreno perde l’equilibrio: il ruolo della disbiosi nella moria del kiwi

Oltre alla presenza di specifici microrganismi patogeni, tra le cause della KVDS vi è un fattore meno visibile ma altrettanto rilevante: la disbiosi, ovvero uno squilibrio nella comunità microbica del suolo e della rizosfera, il cosiddetto microbiota, che normalmente interagisce in modo benefico con la pianta, favorendone la crescita e la difesa naturale. Quando questo equilibrio si altera, la pianta diventa vulnerabile.
Per approfondire il ruolo della disbiosi e dei potenziali agenti patogeni nella moria del kiwi, i ricercatori delle tre Università hanno svolto un estensivo campionamento di radici e suolo in tre areali geografici d’Italia (nord-est, nord-ovest e sud) durante l’intera stagione vegetativa (da marzo ad ottobre) del 2024, raccogliendo in totale quasi duemila campioni.
Per caratterizzare le comunità microbiche associate alle piante di actinidia, si è deciso di adottare un approccio innovativo di sequenziamento del DNA, che permetterà di descrivere in modo completo le variazioni, sia geografiche che stagionali, nella composizione e nell’abbondanza delle comunità microbiche, fornendo dati fondamentali per l’individuazione dei principali microorganismi indiziati nell’insorgenza della sindrome.
Questi dati, insieme alle conoscenze pregresse sui potenziali patogeni, consentiranno di assemblare comunità microbiche sintetiche (Synthetic Communities, SynComm) in grado di indurre la moria, permettendo di studiarne in modo controllato gli effetti sulle piante coltivate in serra e di sviluppare strategie di difesa efficaci nei confronti della sindrome.
A cura di: Elisabetta Talevi Paletto (Università di Torino), Marta Martini (Università di Udine), Saveria Mosca (Università Mediterranea di Reggio Calabria)