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Dal suolo al campo

SOS-KIWI punta anche sul biocontrollo e la biofumigazione per proteggere la coltura dell’actinidia dalla moria

Pubblicato il: 6 Ottobre 2025
Dalle indagini sul materiale di propagazione, ai test di nuovi consorzi microbici benefici, fino all’uso di estratti vegetali con proprietà biofumiganti: le tre strategie sperimentate portano buone notizie e aprono la strada a soluzioni efficaci ed ecocompatibili per la coltivazione dell’actinidia.

 

La moria del kiwi (Kiwi Vine Decline Syndrome, KVDS) è una sindrome complessa che sta causando ingenti perdite alla coltura dell’actinidia in Italia, riducendo in modo drastico le superfici coltivate e la produzione nazionale, come emerso nei nostri precedenti articoli.

Per fronteggiare questa emergenza, il progetto SOS-KIWI sta sviluppando strategie innovative e a basso impatto ambientale che le aziende agricole potranno applicare con efficacia: dall’analisi del materiale vivaistico per individuare i patogeni che favoriscono la KVDS, alla selezione di consorzi microbici con funzioni di biocontrollo, fino alla sperimentazione di estratti vegetali con proprietà biofumiganti.

 

Dai vivai allo studio di soluzioni sostenibili

 

La crescente diffusione su scala internazionale dell’actinidia comporta anche un maggiore rischio di introduzione di patogeni attraverso il materiale di propagazione: talee, portainnesti e giovani piantine possono, infatti, veicolare microrganismi dannosi, tra cui oomiceti del genere Phytophthora e Phytopythium, identificati dal progetto SOS-KIWI come principali responsabili della moria.

Per questo, i ricercatori delle Università di Udine e Mediterranea di Reggio Calabria hanno campionato  una grande quantità di materiale vivaistico proveniente da diverse regioni italiane. Le analisi della comunità microbica (batteri, funghi e oomiceti) sono attualmente in corso con l’obiettivo di identificare i microrganismi potenzialmente coinvolti nella moria del kiwi e di comprendere meglio l’ecosistema radicale e le interazioni che predispongono le piante allo sviluppo della sindrome.

I ricercatori stanno anche esplorando strategie di contenimento biologico attraverso l’uso di agenti di biocontrollo (BCA) che possono contrastare lo sviluppo dei patogeni responsabili della KVDS.

Le prove in campo sono attualmente in corso nell’actinidieto sperimentale allestito presso Fondazione Agrion, come già descritto in questo articolo.

 

Biofumigazione con estratti di rucola

 

Non solo microrganismi: il progetto SOS-KIWI sta testando anche l’uso di estratti di Eruca sativa (rucola) per la biofumigazione del suolo. Nel 2024, in un esperimento condotto in serra, piante di kiwi della varietà Hayward sono state coltivate su terreno predisponente alla comparsa della sindrome. Dopo un periodo di adattamento, le piante sono state trattate con estratti di rucola diluiti in acqua a dosaggi diversi e sottoposte a condizioni che normalmente inducono l’insorgenza della moria.

Al termine della prova, i ricercatori dell’Università di Udine hanno analizzato le radici e il terreno intorno ad esse (la rizosfera) per verificare la presenza di microrganismi dannosi come Phytopythium vexans. Le piante trattate con la dose più alta di estratto e quelle coltivate su terreno arricchito con rucola interrata, il cosiddetto sovescio, presentavano radici più sane e una minore presenza di microrganismi nocivi.

Nel 2026 la tecnica della biofumigazione sarà testata anche in campo, presso l’actinidieto sperimentale della Fondazione Agrion, per verificarne l’efficacia in condizioni reali di coltivazione.

 

Verso una gestione integrata e sostenibile

 

Le evidenze raccolte aprono prospettive concrete per una gestione integrata della moria del kiwi, basata sulla combinazione di:

  • materiale di propagazione sano, selezionato attraverso il monitoraggio nei vivai;
  • consorzi microbici benefici, selezionati per la loro capacità di inibire i patogeni e promuovere la salute della pianta;
  • biofumigazione con estratti vegetali, come ulteriore misura preventiva contro gli agenti patogeni associati alla sindrome.

Se le sperimentazioni in campo confermeranno i primi risultati acquisiti dal progetto, questi approcci potranno contribuire sicuramente a ridurre l’uso di prodotti chimici, tutelare la biodiversità e garantire la sostenibilità economica e ambientale della filiera italiana dell’actinidia.

 

A cura di Elisabetta Talevi Paletto, referente comunicazione SOS-KIWI, Università di Torino

Foto: attacco di moria su foglie di actinidia, che manifestano il caratteristico “giallume”  (Fonte archivio AGER – AGroalimentare E Ricerca)

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