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Dal suolo al campo

Il patrimonio di geni dell’Actinidia, ovvero la biodiversità come risorsa per contrastare la moria del kiwi

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I ricercatori dell’Università di Udine impegnati nel progetto SOS-KIWI hanno avviato uno studio innovativo sui portinnesti di actinidia. Al vaglio, le diverse tipologie di innesto e i geni che regolano la produzione di proteine.

 

Il genere Actinidia comprende una ricca diversità di specie, stimate intorno a 52 secondo gli ultimi studi. Tra queste, le varietà maggiormente coltivate a scopi commerciali, con polpa verde, gialla o bicolore, appartengono ad A. chinensis var. chinensis e A. chinensis var. deliciosa.

Tutte queste varietà sono altamente vulnerabili alla moria del kiwi, una problematica che sta causando gravi perdite economiche e produttive a livello globale. Come spesso accade in frutticoltura, di fronte a nuove sfide agronomiche gli studiosi hanno rivolto l’attenzione verso le specie affini, sfruttando la biodiversità come risorsa per sviluppare soluzioni innovative.


La banca del germoplasma dell’Università di Udine

 

A metà degli anni ’80, i ricercatori dell’Università di Udine hanno avviato un programma di miglioramento genetico del kiwi grazie alla raccolta di numerose varietà e genotipi di Actinidia, incluse specie selvatiche. Queste ultime, inizialmente considerate una curiosità e una potenziale ‘fonte di variabilità genetica’, si sono rivelate fondamentali per affrontare sfide future. Queste sfide sono emerse rapidamente: prima con l’insorgenza della batteriosi, che ha provocato gravi danni economici a partire dal 2010, e successivamente con la comparsa della moria.  Attraverso lo screening del germoplasma, l’insieme di tutte le informazioni genetiche che determinano le caratteristiche di una pianta, sono stati identificati alcuni genotipi tra le specie selvatiche che mostrano tolleranza o resistenza in condizioni di coltivazione che, nelle varietà commerciali, portavano invece alla comparsa della moria. Tra questi, i genotipi di A. macrosperma si sono rivelati particolarmente promettenti e ricerche condotte da studiosi cinesi suggeriscono che anche genotipi di A. valvata possiedono caratteristiche altrettanto interessanti.


Il ruolo dei portinnesti: affinità e disaffinità

 

A differenza di altre piante fruttifere coltivate, l’Actinidia generalmente non si avvale di un portinnesto, vale a dire la parte radicale di una pianta e della base del fusto su cui viene innestata un’altra pianta (detta nesto o marza). La recente diffusione della moria ha reso l’innesto una tecnica di propagazione fondamentale per il futuro, focalizzando l’attenzione sulla compatibilità degli innesti e sull’uso di portinnesti resistenti o tolleranti alla malattia.

Prove di portinnesto di Actinidia a confronto

Individuati i genotipi selvatici resilienti a condizioni di coltivazione sfavorevoli, la ricerca del progetto SOS-KIWI sta valutando in specifici campi prova, le potenzialità di questi genotipi selvatici come nuovi portinnesti per le varietà commerciali. Si tratta di una sperimentazione che può durare diversi anni, in quanto possono manifestarsi disaffinità d’innesto: un problema che si verifica quando portinnesto e marza non sono compatibili. Questo può causare una cattiva connessione tra le due parti, portando a scarsa crescita, debolezza della pianta o addirittura alla sua morte. Queste disaffinità possono essere evidenti immediatamente o, in modo più subdolo, dopo alcuni anni dall’innesto.

Sono attualmente in fase di sperimentazione innesti con varietà a polpa gialla (‘Soreli’) e una a polpa verde (‘Hayward’) su semenzali di A. macrosperma, A. valvata e su ibridi tra queste due specie. Inoltre, sono in valutazione diversi tipi di innesto, tra cui lo spacco, il doppio spacco inglese e il micro-innesto su materiale propagato in vitro. Le valutazioni in corso includono:

  • il tasso di successo delle diverse tipologie di innesto;
  • il vigore della pianta (misurato come diametro di nesto e portinnesto);
  • la lunghezza di sviluppo del germoglio.

Le analisi molecolari

 

Un innesto induce una condizione di stress per entrambe le parti di pianta coinvolte (nesto e portinnesto). L’esperienza maturata in diverse specie da frutto e in altre colture, suggerisce che alcune molecole specifiche (ad esempio gli enzimi associati allo stress ossidativo che può causare la morte delle cellule) possano essere influenzate dalla combinazione di innesto. Attualmente, sono in fase di valutazione i geni che regolano la produzione delle proteine coinvolte:

  • nella formazione del callo di innesto (il punto di contatto tra portinnesto e nesto);
  • nella formazione dei vasi che trasportano la linfa dalle radici all’interno della pianta;
  • nelle risposte allo stress indotte dall’innesto in diverse combinazioni varietà/portinnesto.

I vantaggi del progetto SOS-KIWI

 

Grazie a questi studi, il progetto SOS-KIWI mira a individuare portinnesti tolleranti o resistenti alla moria e le tecniche di innesto più efficaci. La moria del kiwi è una sindrome complessa e multifattoriale e questa strategia, integrata con le altre in fase di sperimentazione e sviluppate dagli altri partner del progetto, sarà fondamentale per fornire risposte concrete ai produttori, contrastare la diffusione della sindrome e rafforzare la resilienza e la competitività della filiera dell’actinidia rispetto ai paesi produttori emergenti.

 

A cura di: Guido Cipriani e Gloria De Mori, Università di Udine.

Foto fornita dagli Autori.

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