Le analisi di ricercatori e produttori confermano la validità delle strategie di marketing e comunicazione studiate da Canestrum casei per ripartire con forza, puntando sulla promozione e nuove modalità di vendita dei formaggi tradizionali del Sud Italia.
Due mesi di fermo, due mesi quelli di marzo ed aprile che hanno modificato gli stili di vita dei consumatori e l’economia di un intero Paese. Ma la crisi può essere anche un’occasione per essere visibili, per differenziarsi: chi non sfrutta questa condizione perde di certo un’occasione. Ne è convinto il prof. Vincenzo Russo, Professore Associato di Psicologia dei Consumi e Neuromarketing alla IULM di Milano, partner del progetto Canestrum casei, sostenuto da Ager, che punta alla valorizzazione di 15 formaggi tradizionali del Sud Italia e tra gli obiettivi prevede l’organizzazione dell’offerta e le relative certificazioni di qualità, lo sviluppo di ricerche sul comportamento dei consumatori, nonché lo sviluppo di strategie di marketing, di comunicazione e promozione collettiva dei prodotti inseriti nel progetto.
LA PAROLA AI PRODUTTORI
Per le aziende che producono formaggi tradizionali quali sono quelli della selezione Canestrum casei, la situazione economica attuale è drammatica. “La vendita diretta è crollata – afferma Guido Massari, produttore di Ragusano DOP. Lavoravamo con i turisti essendo accanto al castello di Donnafugata e ai ristoranti qui presenti, chiusi data l’emergenza. Pertanto il formaggio prodotto è rimasto invenduto. Abbiamo destinato tutto il latte per il prodotto stagionato”.
“Abbiamo preferito lasciare gli animali con i loro piccoli – dichiara invece Tiziana Buemi produttrice di Maiorchino – e restare fermi con la produzione. Abbiamo ancora del formaggio stagionato invenduto ma verso la fine di maggio contiamo di riprendere la mungitura”.
“Non abbiamo ricevuto alcun aiuto economico – aggiunge Piero Valenti produttore della Provola dei Nebrodi DOP- e nonostante gli introiti siano stati quasi assenti, abbiamo continuato a lavorare e a sostenere le spese di gestione dell’intera azienda. Occorrerà puntare su nuove modalità di vendita, è l’unica soluzione”.
Lo status produttivo, dunque, è stato ed è tuttora critico per questi e altri produttori che, come precisa il prof. Giuseppe Licitra, Responsabile Scientifico del progetto, “già di sé presentano dei fattori di scarsa competitività dovuti alla polverizzazione dell’offerta, alla carente presentazione dei formaggi (certificazione, packaging…) nonché alle quasi assenti strategie di marketing, comunicazione e promozione collettiva. Il Coronavirus ha spinto molte aziende del settore agroalimentare a sperimentare il delivery e l’e-commerce, ma l’attuale sistema produttivo e l’organizzazione dei produttori storici di formaggi – continua il prof. Licitra- con le aziende che sono allocate in aree marginali non facilitano una veloce riconversione alle nuove esigenze di mercato. Tutti aspetti che già prima della pandemia erano stati presi in considerazione dal progetto Ager Canestrum Casei”.
FORMAGGI, “STORIE” DA RACCONTARE
Ma riformulare l’offerta e le strategie di marketing e comunicazione dei prodotti caseari tradizionali sarà utile? “Oggi vi è un’esigenza specifica – spiega il prof. Vincenzo Russo – ovvero quella dell’accesso ai prodotti nella maniera più sicura e dell’accesso a prodotti sicuri. La prima esigenza è certamente legata alla possibilità di segnalare dove potere trovare il prodotto, anche attraverso l’accesso all’e-commerce. Dall’altro è importante dare garanzie sulla sicurezza della propria produzione attraverso la comunicazione. Oggi non si può stare silenti. I consumatori si aspettano di avere informazioni su ciò che le aziende stanno facendo per migliorare la qualità, occorrerebbe raccontare cosa si sta facendo”. Le aziende casearie, a detta del prof. Russo, dovrebbero parlare del proprio prodotto in modo corretto mentre attualmente vi è la tendenza a parlarne senza indicazioni precise su dove acquistarli online. Altro aspetto è che un’azienda non può porsi come un eremita. “In questi giorni difficili – spiega Russo – il senso di comunità prevale e suscita profondissime emozioni nelle persone. Solo insieme si potrà scorgere uno spiraglio. Infine, i brand devono aiutare i propri pubblici o target di interesse a risolvere problemi, a trovare soluzioni e non pensare unicamente in una logica autoreferenziale, comunicando soltanto ciò che vendono e quanto sono belli”.
LA DIGITALIZZAZIONE DELLE AZIENDE CASEARIE
Risulta pertanto necessario per le aziende casearie riformulare le proprie modalità di vendita e affacciarsi verso nuovi canali. “Credo che sia non solo necessario ma un obbligo quello di provare a trovare nuovi canali di vendita. Il delivery è cresciuto in modo esponenziale e potrebbe supportare le mancanze che si sono registrate con la chiusura della ristorazione. A ciò va aggiunto che stiamo tutti vivendo una situazione di digitalizzazione forzata. Ciò significa una maggiore competenza digitale che potrà essere sfruttata per offrire servizi e prodotti a distanza. I consumatori utilizzeranno sempre più questi strumenti per accedere alle informazioni sulla qualità dei prodotti e sulla loro offerta nel mercato”.
CANESTRUM CASEI E BRAND REPUTATION
La ricerca e il lavoro svolto dai partner di Canestrum casei potrà di certo, oggi più di ieri, venire incontro alle esigenze dei casari che lamentano la crisi del settore. L’analisi dei vissuti di un campione significativo di consumatori, che sarà aggiornato alla condizione attuale, permetterà al gruppo di lavoro di riflettere sulle migliori azioni da intraprendere per la promozione dei formaggi e il miglioramento della brand reputation delle aziende. “Analizzando bene i dati attuali si rileva una profonda sensibilità dei consumatori ai processi di comunicazione delle aziende e alla loro Brand Reputation – spiega il prof. Vincenzo Russo. L’81% dei rispondenti afferma che un elemento di grande interesse oggi è avere la garanzia che l’azienda stia facendo le cose al meglio, che non stia ferma e che sia in grado di rispettare la sicurezza alimentare richiesta dal momento oltre al fatto che stia facendo il meglio per i propri dipendenti (83% dei rispondenti). Insomma “Fare bene le cose” e “Proteggere i propri dipendenti” sembrano essere gli elementi di valutazione dell’affidabilità delle aziende per la maggior parte degli intervistati”. Per Russo sarebbero quattro le specifiche richieste da parte dei consumatori.
Show up. Do Your Part. La prima richiesta è quella di “non scomparire”. Fare finta che nulla stia accadendo è sbagliato e inopportuno.
Don’t Act Alone. La seconda è quella che richiama da una parte la responsabilità sociale e dall’altra la cooperazione: non si deve agire da soli. Ciò che scalda i cuori e che convince di più è l’azione congiunta e corale sia con le altre aziende che con il governo locale.
Solve, Don’t Sell. La terza richiesta è legata all’immagine dell’azienda che non deve solo preoccuparsi di vendere il proprio prodotto, ma proporsi come solutrice di problemi. La richiesta si riferisce anche banalmente all’indicazione di come garantire la sicurezza e la salute dei propri dipendenti, alla possibilità di accedere ai prodotti con uno sconto o semplicemente alle informazioni sull’accesso ai prodotti online.
Communicate with empathy. La quarta è quella di comunicare emotivamente. “Non dobbiamo dimenticare – conclude il prof. Russo – che siamo macchine emotive che pensano: questo è il momento di bloccare qualsiasi pubblicità o strategia di marketing che sia eccessivamente umoristico o con un tono troppo spensierato”.
In conclusione, come si può vedere da questi risultati le aziende oggi hanno una grande opportunità, ovvero potere rinforzare la propria Brand Reputation. “Purtroppo – conclude il prof. Vincenzo Russo – nei momenti di crisi la prima voce di spesa che viene sacrificata è quella della comunicazione. Ma la crisi può essere un’occasione, come detto all’inizio, per essere visibili e differenziarsi”.
Gianna Bozzali, Guido Mangione – Università degli Studi di Catania