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E tu sai che pesci pigliare?

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Nuove diagnostiche basate sulla lettura del DNA per sconfiggere le frodi e diminuire l’uso degli antibiotici negli allevamenti di branzino, trota e orata 

Sarà uno squalo o un pesce spada? Si tratterà davvero di un palombo? Ogni anno arrivano in Europa mille specie ittiche, provenienti da oltre centoventi paesi del mondo. Un numero davvero considerevole, che spesso rende difficile identificare esattamente il pesce che stiamo per scegliere e mangiare. Il mezzo più immediato per conoscerlo meglio è certamente l’etichetta, strumento fondamentale per il consumatore, che deve riportare: il corretto nome del pesce (comune e/o scientifico); l’origine del pesce, intesa sia come metodo di allevamento o di cattura, che in termini di provenienza geografica; informazioni di natura tecnica sui metodi di conservazione e parametri nutrizionali, informazioni utili per preservare il cittadino da alterazioni e frodi.

I prodotti ittici che entrano nel mercato europeo devono sottostare a precise regole di tracciabilità, conoscenza delle filiere e rientrare nelle liste dei prodotti idonei al consumo umano. Ma è sufficiente per conoscere davvero il nostro pesce? Nonostante etichette e regole dettagliate, per i prodotti ittici persistono le frodi alimentari. È il caso del palombo ad esempio, una specie molto apprezzata dagli italiani e una delle più soggette a frodi. La legge dispone che si possano vendere con il nome ‘palombo’ solo due specie di triakidi (una famiglia di pesci affine agli squali): Mustelus mustelus e Mustelus asterias. Uno studio del gruppo di ricerca dello ZooPlantLab dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, fatto nel 2010 (Barbuto et al., 2010), ha dimostrato che sul mercato erano distribuite almeno sette diverse specie di palombo, difficilmente riconoscibili alla vista in quanto solitamente questo prodotto si trova in tranci, pertanto non sono più disponibili i tratti morfologici utili all’identificazione.

Per ovviare a questo problema, i nostri ricercatori hanno pensato a un sistema di identificazione infallibile e quasi “poliziesco”: il DNA barcoding. Si tratta di una procedura in grado di isolare la sequenza di DNA di una determinata specie e di identificarla in maniera inequivocabile, anche se in tranci e addirittura cotta. Un sistema adottato dal 2014 negli Stati Uniti per tutti i prodotti importati, che si sta rapidamente diffondendo anche in Europa con ottimi risultati, migliorando così la qualità del pesce che finisce sulle nostre tavole. La prova è un’ulteriore ricerca condotta nel 2015 da Mariani e i suoi collaboratori: su circa milleseicento prodotti ittici analizzati a livello europeo, solo il 5% risultava contraffatto. Un valore di molto inferiore rispetto a quelli indicati in studi precedenti all’introduzione dei controlli di tracciabilità.

Ora la sfida è di estendere questa modalità di analisi del DNA per migliorare qualità e salubrità dei prodotti ittici, individuando se sono presenti ad esempio microorganismi patogeni o contaminanti. Una sfida raccolta dallo ZooPlantLab di Milano-Bicocca, grazie al progetto 4F sostenuto da Ager. L’obiettivo dei prossimi anni sarà infatti quello di identificare  batteri patogeni, tra cui Yersinia ruckeri, Lactococcus garvie, Photobacterium damselae, che possono diffondersi negli allevamenti di branzino, trota e orata, determinando l’uso di antibiotici e causando danni ingenti sulla produzione.

Combinando quindi nuovi sistemi di diagnostica rapidi e specifici per determinati organismi nocivi con tecnologie di allevamento capaci di migliorare la qualità nutrizionale del pesce, si potranno ridurre in maniera significativa i quantitativi di antibiotici somministrati ai pesci, riducendo anche l’inquinamento delle acque e ottenendo prodotti di qualità più sostenibili per l’uomo e l’ambiente.

Fonte: Massimo Labra e Andrea Galimberti, Università degli Studi di Milano-Bicocca

 

Bibliografia

– Barbuto, M., Galimberti, A., Ferri, E., Labra, M., Malandra, R., Galli, P., & Casiraghi, M. (2010). DNA barcoding reveals fraudulent substitutions in shark seafood products: the Italian case of “palombo”(Mustelus spp.). Food Research International, 43(1), 376-381.

– Mariani, S., Griffiths, A. M., Velasco, A., Kappel, K., Jérôme, M., Perez-Martin, R. I., … & Boufana, B. (2015). Low mislabeling rates indicate marked improvements in European seafood market operations. Frontiers in Ecology and the Environment, 13(10), 536-540.

– FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations). 2014. State of World Fisheries & Aquaculture. Rome, Italy: FAO.

FDA (US Food and Drug Administration). 2014. DNA testing at wholesale level to evaluate proper labeling of seafood species www.fda.gov/Food/GuidanceRegulation/GuidanceDocuments RegulatoryInformation/Seafood/ucm419982.htm. Viewed 2 Sep 2015.

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