Nutrizionisti e scienziati sembrano ormai concordi: il pesce pescato o prodotto in allevamenti che seguono regole di salubrità e qualità, deve entrare nelle diete perché contiene nutrienti e proteine importanti per la salute. Ma quanto pesce mangiano gli italiani ogni anno e quante proteine ittiche ci sono nella nostra alimentazione? Sfatiamo subito un “mito”: essere un paese con una forte tradizione di pesca e una gastronomia legata ai prodotti ittici, soprattutto nel Centro-Sud, non ci fa arrivare nemmeno lontanamente verso il podio dei maggiori consumatori di pesce in Europa.
Sulle tavole italiane arrivano appena ventisei chilogrammi di pesce a testa ogni anno, poco più della media europea che è di ventitré, meglio dell’Ungheria dove se ne consumano appena cinque chilogrammi, ma decisamente lontani dal Portogallo dove si mangiano ben cinquantasei chilogrammi di pesce all’anno. Gli italiani, inoltre, consumano solo due terzi dei sessanta grammi di proteine di origine ittica settimanali, raccomandati dalle linee guida della FAO. Una delle cause di queste tendenze di consumo va cercata nella crisi economica che ha portato alla diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie. A livello mondiale, infatti, il consumo di pesce è aumentato con l’aumentare del reddito pro-capite, come in Asia, perché le proteine del pesce sono più pregiate e dunque più costose.
Se in Europa il consumo medio di pesce non sembra sufficiente a garantire il giusto apporto di nutrienti derivati da prodotti ittici, nel mondo la domanda continua a crescere a forte velocità, segno che sarà probabilmente il pesce la fonte proteica del futuro. Un aumento continuo della richiesta significa dover garantire l’approvvigionamento di prodotto, in un sistema dove la pesca non basta più: per diverse specie ittiche è già stato raggiunto o addirittura superato il limite biologico di catture che consente il rimpiazzo della capacità.
Dove non arriva la pesca deve arrivare, in maniera sempre maggiore, l’acquacoltura. L’allevamento di pesce del futuro, però, non dovrà solo rispondere a un bisogno quantitativo e soddisfare la domanda, ma garantire la massima qualità del prodotto. Ecco allora che la sfida, raccolta anche dai progetti finanziati da Ager – 4F e SUSHIN – sarà quella di mettere a punto nuovi mangimi e diete per alimentare il pesce allevato, così da renderlo sano e molto nutriente. In questo modo il consumatore potrà forse mangiare una quantità minore di prodotto ma riuscire ad assimilare il giusto quantitativo di nutrienti necessari al suo benessere alimentare.