Di Federico Nassivera, Università di Udine
Proiezioni molto recenti prodotte dalla FAO e dagli osservatori delle Nazioni Unite stanno confermando quanto la popolazione mondiale stia aumentano di anno in anno. Affermano che tra soli tre decenni ci sarà bisogno di molto più cibo, addirittura il 70% in più rispetto ad oggi. Sorge quindi spontanea una domanda: come soddisfare le esigenze nutrizionali di tutta la popolazione mondiale? L’acquacoltura in tal senso sta ricoprendo un ruolo fondamentale in qualità di risorsa indispensabile nel garantire il cibo sufficiente per tutti. È ormai noto che al giorno d’oggi stiamo ancora sovra utilizzando, e di conseguenza depauperando, le risorse marine portandole ormai al limite, per giunta con metodi di pesca che spesso sono fermi agli anni ‘80. Al contrario, le produzioni da acquacoltura sono in costante aumento da anni e gli allevamenti ittici stanno migliorando le proprie performance anche in termini di attenzione all’ambiente e conseguente eco-sostenibilità. La diminuzione dell’impatto ambientale dell’acquacoltura avviene anche attraverso investimenti in ricerca e innovazione, orientati all’utilizzo di energia rinnovabile, mangimi ecosostenibili e metodi di allevamento “zero antibiotici”. Negli ultimi anni, a fronte di un aumento della domanda globale di fonti proteiche, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura sta promuovendo l’uso degli insetti quali alimenti sia per il consumo umano che nei mangimi per gli animali allevati, pesci e avicoli in primis, in sostituzione delle farine di pesce e di derivati proteici della soia. Ad oggi, la legislazione alimentare europea considera gli insetti come “novel food” e prevede un particolare iter di approvazione prima di far entrare questi prodotti sul mercato. Gli insetti, apparentemente parte della dieta naturale del pesce, hanno una impronta ecologica davvero molto contenuta, se confrontata con quella di molti alimenti convenzionali. Hanno inoltre un bisogno limitato di superficie dedicata e quindi di terra arabile. Recentemente sono stati proposti studi sulla sostituzione della farina di pesce con quelle di insetti nella dieta dei pesci, registrando risultati promettenti ed incoraggiando quindi ulteriori ricerche.
Gli insetti, in linea con queste ricerche, sono quindi considerati un ingrediente potenzialmente integrabile nei mangimi per i pesci, soprattutto in quanto prodotto di un processo di “allevamento” rispettoso dell’ambiente. La loro produzione assume i connotati di un efficace approccio all’economia circolare, poiché potrebbero essere allevati anche su matrici che al momento verrebbero smaltite come scarti o rifiuti. Malgrado i numerosi vantaggi sul piano ambientale, nel mondo occidentale si rileva tuttora una scarsa disponibilità da parte dei consumatori a percepire positivamente l’effettiva qualità di un pesce allevato non con mangimi tradizionali, ma con preparazioni aventi come principale fonte proteica proprio gli insetti. Da un punto di vista evolutivo, quando un nuovo prodotto alimentare viene introdotto in una cultura, generalmente induce sentimenti di paura e rifiuto chiamati “neofobia”. È chiaro che l’accettazione o il rifiuto di un nuovo prodotto, come gli insetti o il pesce alimentato con farine di insetti, è influenzato, oltre che dalla cultura e dall’ambiente in cui vive il consumatore, anche da altri fattori. In particolare le caratteristiche personali (età, genere, origine) giocano un ruolo determinante, tanto quanto la sensibilità e la propensione ad adottare stili di vita orientati alla sostenibilità ambientale. Recenti studi hanno constatato come il paese di origine di un potenziale consumatore abbia un’influenza determinante sull’intenzione all’assaggio di prodotti a base di insetti. Altri studi invece hanno dimostrato quanto il semplice informare e rendere i consumatori consapevoli dei benefici nutrizionali ed ambientali di nuovi prodotti a base di insetti non sia sufficiente per far sì che accettino d’introdurre regolarmente gli insetti nella dieta. È stato anche evidenziato come il metodo di preparazione abbia un’influenza rilevante sull’accettabilità complessiva di nuovi prodotti alimentari. In particolare è risultato rilevante se, come nel caso degli insetti, l’ingrediente innovativo sia visibile o se viene utilizzato come ingrediente. È emerso appunto che i consumatori sono più disposti a consumare prodotti a base di insetti quando la loro presenza è resa invisibile. Il progetto SUSHIN, con gli obiettivi che si è posto nel WP 8, intende investigare l’atteggiamento dei consumatori di fronte ad un prodotto innovativo quale il pesce allevato anche con farine di insetti, al fine di contribuire a comprendere quali possano essere le modalità più efficaci nello stimolare un processo di educazione del consumatore e individuare le politiche di comunicazione più adatte. Per fare ciò è stata proposta una prima indagine su un campione di “millennials” italiani. Sono i giovani nati tra gli anni ’80 e il 2000 e rappresentano l’ultima generazione del XX secolo. Sono consumatori molto attivi, detti anche consumatori 2.0 o la prima generazione digitale. Sono nati in piena rivoluzione digitale e sono un target di mercato dalla propensione all’acquisto molto dinamica. Nel 2020 il totale della spesa annuale da parte dei Millennials in USA è stata prevista pari a 1,4 trilioni di dollari. Per cercare di comprendere il comportamento di questo interessantissimo segmento di mercato, è stato proposto un modello teorico, facendo riferimento alla teoria del comportamento pianificato. È stato somministrato un questionario a studenti universitari nel Nord Est Italia. I partecipanti hanno potuto esprimere le aspettative e le intenzioni di mangiare pesce alimentato con farine di insetti. È stato implementato un modello di equazioni strutturali che ha permesso di testare alcune ipotesi proposte. A fronte di un buon indice di adattamento del modello, i risultati ci hanno permesso di trarre delle prime considerazioni su quanto le scelte di acquisto del consumatore possano essere influenzate dalle motivazioni legate all’atteggiamento comportamentale adottato nella vita quotidiana.
La multidimensionalità di tali atteggiamenti indagati nel modello, sta permettendo di caratterizzare e distinguere i comportamenti relativi all’attenzione al regime alimentare da quelli all’attenzione all’ambiente e alla sostenibilità degli acquisti e dei consumi. Nell’indagine si è rilevato quanto le motivazioni che sono state definite “green”, in cui erano incorporate le considerazioni sull’interesse alla sostenibilità ambientale, operino una influenza diretta e significativa sull’intenzione a consumare un prodotto ittico quale quello proposto: un pesce allevato e alimentato con farine di insetti. Da questi primi risultati è possibile desumere quanto le aziende produttrici che intenderanno fare utilizzo di farine di insetti, debbano cogliere l’opportunità di informare correttamente il consumatore in merito alle peculiarità che contraddistinguono le produzioni per attributi di eco-sostenibilità. Il pesce di allevamento, oltre che per le ormai note, ed imposte per legge, caratteristiche di “prodotto sicuro”, potrebbe differenziarsi anche per attributi di eco-sostenibilità, adottando la farina di insetti nella dieta. Efficaci strategie di comunicazione permetterebbero quindi di raggiungere quel segmento di consumatori costantemente in evoluzione, alla ricerca di un prodotto innovativo, rispettoso dell’ambiente e di facile consumo. Per le produzione dell’acquacoltura risulta ormai chiaro che identificare fonti alternative di proteine che siano salutari, nutrienti e rispettose dell’ambiente sia strategico non solo per contribuire ad uno sviluppo sostenibile delle produzioni, ma anche per ottenere sul mercato vantaggi competitivi evidenti e gratificanti.
Questi primi risultati sono stati presentati in occasione di Aquafarm2019. (qui la presentazione di F. Nassivera e S. Maiolo ad AQUAFARM2019).
Nelle prossime fasi della ricerca, a fronte dei primi risultati di questo test, si provvederà ad estendere il questionario ad un panel nazionale di consumatori italiani, interrogandoli sulla loro reattività di fronte al consumo di pesce di allevamento alimentato anche con farine ottenute da altre fonti ecologicamente sostenibili, quali le alghe e gli scarti della lavorazione delle carni avicole.