L’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera rischia di compromettere la produzione della pasta perfetta, quella che tiene la cottura e rimane “al dente”. Sono queste, in sostanza, le conclusioni di DuCo (Durum wheat adaptation to global change: effect of elevated CO2 on yield and quality traits), un progetto di ricerca finanziato nella prima edizione di Ager.
Il team di lavoro – formato da CRA (oggi CREA), CNR Ibimet ed ENEA – ha preso in esame l’incremento della concentrazione di anidride carbonica nell’aria, che è passata dai circa 320 ppm (parti per milione) del 1958, ai 400 ppm del 2014. Concentrazione che, secondo i ricercatori, è destinata a crescere fino ad arrivare a 550 ppm nel 2050. Partendo da questi dati, il team di DuCo ha analizzato gli effetti sul grano duro di un aumento dell’anidride carbonica fino a 570 ppm, al fine di valutare l’impatto sugli aspetti quantitativi e qualitativi della granella e conseguentemente delle farine. Per farlo sono state messe a confronto dodici varietà di grano: alcune ad alta resa, altre con specifiche caratteristiche qualitative, altre non più coltivate ma utili nei programmi di miglioramento genetico come fonti di variabilità genetica.
Dal punto di vista quantitativo, i risultati hanno evidenziato un prevedibile aumento delle produzioni, considerando che la CO2 è alla base dell’accrescimento delle piante. Rispetto alla qualità invece, i ricercatori hanno riscontrato la diminuzione del contenuto proteico del grano duro, uno dei principali indici di qualità del prodotto. Un adeguato contenuto di proteine, infatti, consente alla pasta di “tenere la cottura”, una caratteristica che fa della pasta italiana un prodotto di eccellenza. Tanto che se dovessero mancare le proteine nella farina, potrebbe essere compromessa la consolidata filiera del grano duro del nostro Paese.
Per affrontare e risolvere il problema occorre lavorare su due diversi fronti. Il primo è legato al miglioramento delle caratteristiche dei grani duri. La ricerca del progetto DuCo ha constatato una forte variabilità di contenuto proteico tra le dodici varietà testate, conseguenza delle diverse caratteristiche genetiche. Questo apre la strada alla possibilità di utilizzare proprio il miglioramento genetico per selezionare grani duri più adatti ai nuovi scenari climatici.
16Il secondo riguarda proprio il clima, in particolare i cambiamenti dovuti all’aumento dei gas serra, tra cui la stessa CO2. Occorre quindi mettere in campo tutte le possibili strategie per contenere l’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Troppi gas serra fanno aumentare il riscaldamento terrestre e vanno ad alterare gli ecosistemi del nostro pianeta. Un equilibrio climatico precario che va ad incidere negativamente sul settore agricolo, non solo in termini di gestione delle coltivazioni ma, come ha dimostrato DuCo, anche sulle caratteristiche dei prodotti e dei loro derivati, con un forte impatto su tutta la filiera, fino al consumatore.
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