Da sempre elemento fondamentale sia della tradizione alimentare che dell’economia di molti Paesi bagnati dal Mar Mediterraneo, l’olio di oliva è da anni oggetto di interesse anche per i benefici per la salute umana che un suo consumo regolare può apportare. Fra i costituenti che svolgono un ruolo rilevante da tale punto di vista, soprattutto per il loro potere antiossidante e antinfiammatorio, vanno annoverati i composti fenolici idrofili, la cui presenza nell’olio di oliva è stata evidenziata da ricercatori italiani oltre mezzo secolo fa [1]. Fra loro spicca una particolare classe di composti detti secoiridoidi, presenti esclusivamente in foglie e frutti delle piante della famiglia delle Olearacee, incluso l’olivo (Olea europaea L., 1753).
Risale addirittura al 1908 [2] l’individuazione nelle drupe dell’olivo, da parte di ricercatori francesi, dell’oleuropeina, il principale secoiridoide presente nel frutto e nelle foglie della pianta, ampiamente studiato negli ultimi anni come nutraceutico, grazie alle sue proprietà salutistiche.
A seguito di una serie di processi enzimatici, che avvengono durante l’estrazione dell’olio dalle drupe dell’olivo, alcuni componenti perdono la molecola di glucosio, trasformandosi così nei cosiddetti agliconi; da questi derivano poi due ulteriori secoiridoidi, di cui l’oleocantale è probabilmente il secoiridoide più noto fra quelli contenuti nell’olio di oliva, in virtù di una ricerca pubblicata nel 2005 sulla prestigiosa rivista Nature [3], in cui si equiparava il suo potere antinfiammatorio a quello del principio attivo di numerosi e diffusi farmaci antinfiammatori. D’altro canto, altre ricerche hanno sottolineato come l’oleocantale e gli altri secoiridoidi abbiano notevole importanza anche dal punto di vista delle proprietà organolettiche dell’olio di oliva, essendo fra i principali responsabili della sua pungenza.
Non sorprende, dunque, la quantità degli studi dedicati ai secoiridoidi dell’olio di oliva nell’ultimo trentennio, rivolti alla loro caratterizzazione chimica, alla scoperta dell’origine delle loro proprietà nutraceutiche e alla valutazione dell’influenza che la cultivar e i processi tecnologici di estrazione dell’olio possono avere sulla loro abbondanza nel prodotto finale.
In tale contesto il progetto VIOLIN ha offerto un’occasione pressoché unica, ossia quella di esplorare a vasto raggio la composizione e l’abbondanza dei secoiridoidi in oli extravergine di oliva ottenuti praticamente in tutte le regioni italiane produttrici, includendo allo stesso tempo la maggior parte delle cultivar di olivo impiegate sul territorio italiano e le principali tecnologie di estrazione.
A tal fine, l’unità di ricerca che si sta occupando di questa esplorazione nell’ambito del progetto, che fa capo al Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (UNIBA), si sta avvalendo di una piattaforma per l’analisi di prodotti alimentari basata su strumentazione all’avanguardia. In particolare, l’unità UNIBA sta impiegando l’accoppiamento fra una tecnica di separazione ben nota in campo analitico, la cromatografia liquida, e la spettrometria di massa. Quest’ultima ha già consentito di valutare, in quasi 100 diversi campioni di olio extravergine di oliva italiano, la natura e la distribuzione dei secoiridoidi presenti. Il quadro finora emerso ha evidenziato la presenza di una notevole variabilità nell’abbondanza di tali composti negli oli italiani, un elemento che, da un lato, dipende dalle notevoli diversità nella tipologia di oliva, nella tecnologia di estrazione e nelle condizioni di confezionamento del prodotto impiegate, dall’altro può influenzare notevolmente le proprietà organolettiche e nutritive di ciascun olio.
Nel prosieguo delle ricerche la sinergia fra l’unità di ricerca UNIBA e quelle che nel progetto si stanno occupando, in parallelo, delle suddette proprietà potrebbe consentire la realizzazione di uno schema conoscitivo generale in cui siano correlate le condizioni di produzione/conservazione con le proprietà del prodotto, schema che in futuro i produttori potrebbero sfruttare per indirizzare, su base scientifica, le prime per ottenere in modo specifico le seconde.
[1] C. Cantarelli, Sui polifenoli presenti nella drupa e nell’olio di oliva, Riv. Ital. Sostanze Grasse 38 (1961) 69-72.
[2] E. Bourquelot, J.C.R. Vintilesco, Sur l’oleuropein, nouveau principe de nature glucosidique retré de l’olivier (Olea europaea L.), Compt. Rend. Hebd. Acad. Sci., 147 (1908) 533-535.
[3] G.K. Beauchamp, R.S. Keast, D. Morel, J. Lin, J. Pika, Q. Han, C.H. Lee, A.B. Smith, P.A. Breslin, Phytochemistry: ibuprofen-like activity in extra-virgin olive oil, Nature, 437 (2005) 45-46.
Ilario Losito, Ramona Abbattista, Cristina De Ceglie, Cosima Damiana Calvano, Tommaso R.I. Cataldi, Francesco Palmisano
Dipartimento di Chimica e Centro Interdipartimentale SMART, Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Via E. Orabona 4, 70126 Bari